14 ottobre 1980 . Chi ricorda questa data? Cosa significa, ancora oggi, per il Paese e per la sinistra? Ci ricorda una sconfitta che ha pesato in modo significativo sulle lotte e le istanze della classe operaia e il sostanziale spegnersi della sinistra italiana, come parte politica di riferimento di una classe sociale ben precisa: il proletariato.
L’Italia arrivava da dodici anni di grandi lotte, stragi di stato, terrorismo nero, nascita delle brigate rosse. Anni per alcuni terribili e per altri formidabili.Dopo tanta sovversione, e forse anche merito ad essa, era tornato il momento di ristabilire l’ordine.
Il pretesto è lo sciopero che da trentacinque giorni blocca la Fiat. Gli operai scioperano contro la cassa integrazione e il licenziamento di migliaia di operai. In particolare la scelta di mirare principalmente, ai lavoratori più sindacalizzati e attivi nei consigli di fabbrica, portò uno scontro durissimo tra le parti.
Persino Enrico Berlinguer si pose a sostegno dell’occupazione della fabbrica, se questa scelta fosse stata approvata dagli operai in sciopero.
Il 14 ottobre 1980, sotto la guida del capo reparto Luigi Arisio, successivamente parlamentare repubblicano, un gruppo consistente di impiegati e quadri sfilarono per le vie del capoluogo piemontese, chiedendo che si tornasse al lavoro.
La leggenda parla di 40 mila partecipanti, in realtà erano decisamente meno, ma questo non cambia il risultato finale: la vittoria del padronato
Questa pesante sconfitta mette fine agli anni della contestazione e sposta profondamente i rapporti di forza, a favore dei capitalisti e dei padroni. I quali, giusto per alimentare un po’ di vittimismo, accusarono molti operai di essere fiancheggiatori dei terroristi e di comportamento violento in fabbrica. Accuse infondate e smontate, questo però non cambia il risultato finale: la sconfitta della classe operaia, porta anche la sinistra a sfasciarsi. Il PCI cercherà di aprire una via possibile di trasformazione del paese, attraverso l’”alternativa democratica”. Cioè l’idea di un governo di forze socialiste e socialdemocratiche senza la Dc. Una rottura col compromesso storico, ormai irrealizzabile per molti motivi, tra cui anche la morte di Moro. Non andò molto bene e la sconfitta del referendum sulla scala mobile, lo scontro con il PSI di Craxi (simbolo di un’Italia arraffona, arrogante, della Milano da bere) culminato coi fischi dei militanti socialisti al segretario del PCI durante un suo intervento al congressodel P.S.I., indicano che la narrazione classista dei comunisti è giunta alla fine,
L’indebolimento della classe operaia, non è solo dannosa per il futuro dei lavoratori italiani, ma per il comunismo e la sua presenza nel tessuto sociale.
Senza i proletari, i lavoratori, non può esistere il comunismo. E senza comunismo la sinistra è svuotata dalla sua parte più organizzata e combattiva. Si finisce, come in molti paesi capitalisti, per far testimonianza, piegarsi a logiche puramente astratte ed amministrative o a un inseguire col fiato corto ogni nuovo ed effimero movimento.
il 14 ottobre un branco di impiegati, di cittadini e uomini medi(ocri) ha colpito al cuore il più grande partito comunista d’Europa. Smontato la sovversione degli extraparlamentari e dell’autonomia operaia.Seppellito decenni di lotte per i diritti del proletariato e dei lavoratori.
La legge 300 del 1970 comincia ad essere messa in discussione. Ci vorranno ancora molti anni per demolirla del tutto, e ritrovarsi il Job Act.
Questi, in sintesi, i fatti che hanno portato la sinistra italiana a scomparire dalla scena politica. Peggio ancora : credere che il Pd di Renzi sia La Sinistra.
Le cose sono peggiorate col 1989: il crollo del muro e due anni dopo la fine dell’URSS . Per mano di Gorbaciov e di Eltsin . Si, quelli erano gli anni in cui i russi ci piacevano. Ridotti malissimo e senza una guida forte, in quei tempi ci sembravano davvero simpatici e affabili. In particolare l’ubriacone che fece bombardare il parlamento russo.
Il crollo del socialismo reale, ci portò a credere che il comunismo fosse fallito. Per non far la figura dei pirla, subito ci muovemmo per far autocritica, prender distanze dalla nostra storia (tenendo giusto Lenin da utilizzare come il poliziotto buono contro Stalin, lo sbirro cattivo) cambiar nome al partito comunista e tante altre cose. Tutte volute da Berlinguer anni prima, ma portati avanti da funzionari un po’ grigi, preoccupati di prender voti dalla borghesia.
La storia sappiamo come finì. Vittoria di Berlusconi e inizio della crisi nella sinistra di governo.
Per anni la parola d’ordine era: “ rassicurare i moderati e il ceto medio”. Mentre stravinceva la destra più volgare e cialtrona mai vista all’opera in nessuna democrazia.
Ci sono stati anche momenti di grande riscossa e tragedia, come scordare Genova? Il movimento dei movimenti? L’altro mondo possibile? Sappiamo come è andata a finire.
Certe volte mi chiedo perché continuo ad aver fiducia nel comunismo, per quale spirito di puro masochismo presto attenzione alle “nuove” forme di vita a sinistra. Ogni volta grande presentazione in pompa magna, straordinarie idee, proclami, discorsi commoventi e alla fine l’unico risultato è rimandare alla prossima volta
Che sarà quella buona. Io non mi illudo, però credo che ricercare l’unità delle forze di sinistra, ritornare a combattere, a lottare ponendo i diritti sociali davanti ad ogni altra esigenza ed istanza, sia fondamentale. Come aver ben chiaro i rapporti di forza, le sconfitte pesanti, gli errori da non ripetere. Ritrovare il coraggio, il piacere delle sfide.
In questi anni ne ho viste davvero troppe di liste, cartelli, nuovi partiti e movimenti. Tante sigle, tanti nuovi profeti ed eroi. Nessun risultato degno di nota.
L’alternativa è la rivoluzione. Ed essa è un atto di guerra, ricordiamocelo. Peccato che i duri e puri di Facebook, sempre pronti a deridere e smontare il lavoro degli altri, non mi sembrano affatto dei provetti Zukov.
Per cui io mi preparo alle elezioni con pragmatismo e lucidità. Senza visioni di nuovi miracoli in arrivo o di combinare chissà quale grande impresa. Mi limito a far il mio lavoro di militante, sostenendo le novità e lavorando affinché si possa ottenere una spinta che porti i comunisti a farsi vedere e sentire nei luoghi di lavoro e sfruttamento.
Questi sono anni di transizione e conflitti all’interno dello stesso capitale. Forse io non vedrò nulla, forse i miei nipoti saranno più fortunati
Per loro e per le nuove generazioni, evito di far polemica e cerco di lottare col materiale a disposizione. Che farà anche piangere e allora vuol dire che faremo annegare i nostri nemici colle nostre lacrime!
ps: di seguito l’articolo rivisto e cambiato per la rivista Il Becco